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Perché Resistiamo ai Punti di Vista Alternativi?

By Paolo Bianchini posted Fri November 29, 2024 04:44 AM

  

Ti è mai capitato di partecipare a una discussione lavorativa in cui l’obiettivo di trovare la soluzione migliore si trasforma in una lotta di potere? Accade spesso quando qualcuno si posiziona come “esperto” in un gruppo di colleghi meno competenti sull’argomento. Invece di incoraggiare la collaborazione, la conversazione diventa un esercizio per affermare l’autorità e mettere a tacere il dissenso.  

Come sviluppatore software con anni di esperienza, ho visto questa dinamica ripetersi molte volte. Recentemente, ho vissuto una situazione che mi ha fatto riflettere a fondo su questo tema.  

Il nostro team stava sperimentando un assistente AI per il codice, utilizzato per aiutare nella migrazione di un’applicazione legacy in COBOL verso Java. Sebbene lo strumento generasse codice, presentava anche ostacoli. Quando ho segnalato alcune possibili criticità nelle soluzioni proposte, le mie preoccupazioni sono state liquidate con un commento superficiale e frettoloso.  

Questo episodio mi ha colpito, non perché volessi dimostrare di avere ragione, ma perché ha messo in luce un problema più profondo: perché, come individui e come organizzazioni, resistiamo così spesso alle sfide al nostro modo di pensare? Perché favoriamo soluzioni rapide anziché esplorazioni significative?  

La Psicologia della Resistenza

La resistenza ai punti di vista alternativi è spesso radicata in fattori psicologici che influenzano il modo in cui elaboriamo le informazioni.  

  • Bias di Conferma: Tendiamo a cercare informazioni che confermano le nostre convinzioni e a scartare quelle che le contraddicono. Le nuove idee che sfidano i nostri presupposti spesso generano disagio, portandoci a razionalizzarle o ignorarle.  
  • Dissonanza Cognitiva: Quando siamo di fronte a informazioni in conflitto con le nostre convinzioni, proviamo disagio. Per ridurre questa tensione, possiamo ignorare la nuova idea o reinterpretarla per adattarla alla nostra visione del mondo.  
  • Ego e Insicurezza: Ammettere di poter sbagliare può sembrare una minaccia alla nostra competenza o autorità. È spesso più facile insistere su idee sbagliate piuttosto che rischiare di mostrare vulnerabilità.  
  • Effetto Dunning-Kruger: Chi è meno competente in un ambito tende a sopravvalutare le proprie capacità, rendendosi meno aperto al feedback e ai punti di vista alternativi.  

Queste tendenze non si limitano agli individui, ma si ripercuotono su team e organizzazioni.  

Perché i Team Preferiscono le Soluzioni Facili

In molte aziende, le dinamiche di resistenza sono amplificate dalla cultura del team. I membri meno competenti spesso non apprezzano i dibattiti sulle soluzioni alternative. Al contrario, captano velocemente le dinamiche di potere e si allineano alla “soluzione facile.” Questo comportamento etichetta chi propone un’esplorazione più approfondita come un “creatore di problemi” — qualcuno che complica il processo, aggiunge lavoro extra o rallenta il ritmo.  

Il libro di Daniel Kahneman, *Thinking, Fast and Slow*, ci aiuta a capire meglio queste dinamiche. Il nostro cervello si affida a due sistemi:  

  • Sistema 1: Veloce, intuitivo e leggero in termini di risorse.  
  • Sistema 2: Lento, deliberativo e impegnativo in termini di risorse.  

Nei contesti lavorativi frenetici, tendiamo a preferire il Sistema 1, che favorisce la semplicità e la velocità, rispetto al pensiero critico e riflessivo del Sistema 2. Questa avversione per lo sforzo cognitivo alimenta una cultura in cui i contributi stimolanti sono sottovalutati, soffocando innovazione e problem-solving più profondo.  

Come la Leadership Plasma la Cultura

I leader svolgono un ruolo cruciale nel rompere questo ciclo. Creare un ambiente di sicurezza psicologica—dove i membri del team si sentano liberi di esprimere dissenso senza timore di ripercussioni—è essenziale per favorire prospettive diverse.  

I buoni leader modellano il comportamento che desiderano vedere, ascoltano attivamente i loro team, cercano opinioni discordanti e incoraggiano il problem-solving collaborativo. Capiscono che l’esplorazione riflessiva porta spesso a risultati migliori, anche se richiede più tempo inizialmente.  

Ma la leadership da sola non basta. Anche gli individui a ogni livello devono riflettere sul proprio comportamento e sul modo in cui contribuiscono a queste dinamiche.  

Come Rifletto sul Mio Ruolo 

Quando mi trovo in queste situazioni—sia che resista a un’idea altrui, sia che venga liquidato con commenti superficiali—mi chiedo spesso: *Qual è il modo giusto di reagire?*  

Aspettare semplicemente che le cose vadano male e poi dire, *“Te l’avevo detto”*, è una soddisfazione vuota. A quel punto, il danno è fatto e l’opportunità di un dialogo costruttivo è persa.  

D’altra parte, quando sono io a sentirmi sulla difensiva, mi chiedo: *Sto resistendo perché l’idea è sbagliata, o perché mi sento sfidato? Sto lasciando che il mio ego ostacoli l’esplorazione di una strada migliore?*  

Né chiudere la conversazione né restare in silenzio mi sembrano risposte adeguate. Invece, cerco di impegnarmi senza trasformare la conversazione in una lotta di ego. Se le mie idee vengono respinte, mi ricordo che il cambiamento significativo richiede spesso pazienza e perseveranza. Se mi sento resistente, cerco di approfondire con curiosità, facendo domande per capire meglio l’altra prospettiva.  

Questi momenti sono scomodi, ma preziosi. Modellano non solo la cultura dei team di cui faccio parte, ma anche il professionista che voglio diventare.  

E Tu? 

Hai affrontato resistenze ai punti di vista alternativi nel tuo ambiente lavorativo? Come gestisci queste sfide, sia quando proponi cambiamenti sia quando ti senti spinto a rivedere le tue posizioni?  

Mi piacerebbe conoscere la tua esperienza.  

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